Il malcontento fra genitori, studenti e, pure, fra molti docenti della Scuola media di Bellinzona, è profondo e al limite dell’esasperazione.
Una situazione che, malgrado i vacui tentativi di rassicurazione, continua ad aggra varsi. Un vero e proprio calvario per moltissimi giovani e per i loro genitori. La colpa? Non cer tamente di questi ultimi e dei loro figli che sono le vittime sacrificali del sistema. Così non va proprio più.
Le situazione esige ora che tutti gli at tori coinvolti si assumano subito le loro responsabilità. Molte le misure possibili per migliorare questo inquietante scenario, peraltro tutte già note a responsabili ed autorità preposte che do vrebbero, a questo punto, solo attivarsi. Non le riprenderò in questa sede. Ritengo comunque che la realtà critica della SM di Bellinzona non sia un caso isolato. Qui vor rei perciò modestamente suggerire due misure generali, come interventi d’urgenza con valenza anche strutturale, peraltro già conosciute e apprezzate in altri contesti scolastici. La prima, riguarda la possibi lità data agli studenti di po ter esprimere il loro giudizio relativamente a quanto of ferto e ricevuto dalla scuola e, soprattutto, in merito alla qualità dell’insegnamento. Giudizi che dovrebbero esse re formulati parallelamente a quelli dei docen ti, in modo da aiutare i responsabili ad attivar si nelle misure correttive da adottare. Ciò inoltre permetterebbe di affiancare e sostenere i do centi nel difficile compito di scongiurare o per lomeno contenere i danni di un pericoloso quan to diffuso pessimismo, frutto anche di un croni co disagio, di pregiudizi e demotivazioni che ali mentano la falsa convinzione che «oramai i buoi sono scappati dalla stalla» e che «tutto quello che si poteva fare è già stato fatto».
La seconda riguarda invece il modo in cui le di rezioni didattiche elargiscono educazione e sa pere ai nostri studenti. Forse, ancora una volta, sarebbe bene ricordare a molti pedagogisti ed esperti cantonali che i nostri giovani sono il no stro futuro e che le esigenze di questi ultimi non sono assimilabili alle paure, ai pregiudizi e agli interessi di chi ha perso oramai entusiasmo per la loro educazione. Questi giovani meritano mol to di più e si aspettano perlomeno rispetto e con siderazione nei confronti della loro intelligenza, sensibilità e dignità, come pure nei confronti dei loro vissuti spesso dolorosi e fragili, in un mon do (quello voluto degli adulti) violento, ipocrita ed egoista. Giovani con una sensibilità straordinaria, entusiasti, esigenti anche, fiduciosi e reat tivi, alla ricerca di una scuola, di docenti e di «maestri» in grado di insegnare loro come met tere a frutto i talenti. La maggior parte di questi giovani è però puntualmente abbandonata a sé stessa, al fai-da-te e alle soluzioni di ripiego; delusi, smarriti, amareggiati e depressi, essi sono spesso vittime innocenti di atteggiamenti stigmatizzanti e pesantemente penalizzanti. Un vero e proprio percorso di sofferenza per loro e per le loro famiglie, dapprima; per la comunità e la società poi.
E allora, che ci si dia finalmente da fare seriamente, ma subito! Che la scuola e le autorità preposte la smettano di piangersi addosso, buttando ogni responsabilità sulle vittime stesse del loro immobilismo. Perché, parafrasando Peter Bichsel, «è ben strano ed ipocrita l’atteggiamento di una scuola che presupponga sempre negli allievi la mancanza di desiderio di imparare; è sempre vero, invece, l’esatto contrario. Sempre!».
Lettera al Corriere del Ticino
del 23.04.2010
di Orlando Del Don, dr. med. psicoanalista e docente universitario